Grazie a Dio, abbiamo un ego, ossia un “io”, inteso come coscienza e consapevolezza di una persona. Possono esserci degli ego fragili o degli ego molto strutturati. L’ideale è un ego sintonico e morbido, ma appunto è l’ideale.
In qualsiasi caso l’ego viene sceneggiato in diverse maschere e sottomaschere. Nella nostra vita, nel teatro al terzo piano d’esistenza recitiamo dei ruoli che calzano perfettamente con le nostre maschere dell’ego.
Nel tema natale o carta natale di una persona possiamo scoprire tutte le maschere che la persona indossa nel vivere la sua vita. E non c’è nulla di sbagliato. Sotto le maschere dell’ego (di cui spesso la persona può essere consapevole) ci sono poi le sottomaschere (di cui quasi sempre è inconsapevole). Immaginiamo come dei vestiti e delle sottovesti. I vestiti sono le maschere. Le sottovesti le sottomaschere.
Perché ci serviamo di un ego? Prima di tutto perché siamo incarnati e abbiamo bisogno di ego per andare nel mondo. Varie sfumature che rappresentano la nostra personalità e il nostro carattere. Ed è quanto mai divertente avere ego attraverso le varianti non solo fisiche, ma anche mentali, emozionali, spirituali. Lo squilibrio avviene quando abbiamo un ego ipertrofico che, in quanto tale, si disconnette dalla Voce dell’Anima. Smarrendo così la Verità per cui siamo Anima.
Che cosa disconnette Anima da Ego, anzi, Ego da Anima? La memoria del pericolo di contattare le ferite.
Ma veniamo alla metafora del sandwich: immaginiamo un sandwich con il primo strato di pane, poi per es. una fetta di prosciutto ( una maschera dell’ego) e poi una fetta di formaggio (una sottomaschera dell’ego). Sull’altra fetta di pane con cui comporre il sandwich immaginiamo tanto burro (Anima) che chiuderebbe il sandwich, ma sopra il burro ci sono anche dei pezzetti di peperoncino (le ferite). Chiudendo il sandwich che cosa andremo a mangiare? Qualcosa di appetitoso! Ma il peperoncino potrebbe essere troppo piccante, a meno che la fetta di prosciutto (maschera dell’ego) e la fetta di formaggio (sottomaschera dell’ego) siano talmente erte da non farci sentire il piccante del peperoncino, ma talmente erte, da non farci sentire neanche il sapore del burro.
Ecco questo accade quando l’ego con le sue maschere e sottomaschere è talmente IPER da scollarsi dalle ferite, per il terrore della sofferenza. Eppure scollandosi dalle ferite in memoria del pericolo di ricontattarle soffrendo, chiude il contatto con la voce dell’Anima. E quando vive tutta la vita solo mostrandosi egoicamente senza esprimere la voce della propria Anima purtroppo tutta l’esistenza è ben lontana dall’evoluzione spirituale. Anche quando la persona sembra una persona spirituale, ma corazzata da un ego IPER sta piuttosto dando voce al proprio ego spirituale, dove l’Anima grida per essere ascoltata.
Un lavoro sul corpo, sulle corazze muscolari, e su tutto ciò che l’allontana dalla propria autenticità può altresì aiutarla ad aprire la porta del cuore per esprimere tutto ciò che l’Anima ha da esprimere.
All’opposto può esserci anche un ego assai frammentato o invisibile o fragile che sente perennemente la voce dell’Anima senza però poterla portare sul palcoscenico della vita, proprio perché carente di una struttura egoica adeguata. Un ego fragile è altresì sinonimo di tanti malesseri in cui è necessario costruire un ego quantomeno morbido, ma assolutamente necessario a poter permettere alla persona di andare nel mondo come Anima ma anche come persona.
Se desideri affrontare questa tematica attraverso la tua carta natale, contattami a info@nicolettaferroni.it
Nicoletta Ferroni